Cosa puoi fare con la Tua Reflex
Introduzione alla fotografia con la Reflex
Per chi fa i primi passi nel magico mondo della fotografia reflex o arriva da quello delle fotocamere compatte, può affacciarsi un dubbio; avrò fatto bene ad acquistare una reflex? Questo dubbio spesso nasce dal confronto con le foto fatte con la compatta o con il cellulare.
Perché dopo un investimento come quello che si fa per l’acquisto di una fotocamera reflex nasce un dubbio del genere? Perché le foto scattate con uno strumento tecnicamente superiore rispetto ad una compatta, possono apparire peggiori?
Le risposte a queste domande sono semplici in realtà, ma richiedono una certa quantità di informazioni sul funzionamento delle nostre fotocamere reflex.
Per cominciare possiamo dire che le fotocamere compatte sono costruite per ottenere foto che sembrano sempre perfette ma soprattutto per funzionare completamente in automatico ed in effetti gli inglese le chiamano, “Point and Shot” (Punta e Scatta).
Il software interno di una compatta è fatto per ottimizzare tutti i parametri di scatto, dalla messa a fuoco alla sensibilità della pellicola, sensore nel nostro caso visto che parliamo di Reflex Digitali; tutto qui? decisamente no, il software interviene anche in quella parte del processo che un tempo avveniva nel negozio di sviluppo della pellicola, che va sotto il nome di post produzione. Prende i dati grezzi del sensore e li elabora in modo da fornire una foto perfettamente esposta, nitida, e con il punto giusto di saturazione e colori. Però queste foto sono tutte uguali e nel caso in cui i parametri prima dello scatto non siano ottimali, il risultato finale sarà pessimo, proprio perché questa elaborazione è fatta in automatico.
Questa elaborazione automatica sacrifica moltissime informazioni e moltissimi dettagli presenti sul negativo digitale, questi vengono sacrificati per ottenere foto, che, come dicevamo poc’anzi, sembrano sempre perfette.
Possiamo quindi partire da una semplice constatazione, le fotocamere compatte sono fatte per chi vuole portare a casa delle foto senza preoccuparsi di altro che di premere il pulsante di scatto, noi invece siamo interessati a scattare “belle foto”.
Da questi semplici fatti è ovvio che l’uso di una fotocamera reflex è sicuramente più complesso, ma in grado di regalare molte più soddisfazioni e nel complesso di ottenere belle foto soprattutto perché amplia di molto le possibilità di scatto. La possibilità di avere il negativo digitale, formato RAW, ci permette di ottimizzare non solo i parametri prima dello scatto, ma anche di perfezionarli in fase di post produzione, riportando quindi la fotografia alle origini quando i fotografi preparavano da soli non solo i rullini o le lastre ma operavano anche lo sviluppo e la stampa agendo lungo tutto il processo di produzione delle proprie foto.
Se non volete perdere tempo o non lo avete per applicare tutto questo procedimento, potete istruire la vostra Reflex su come intervenire nella fase di post produzione ed avere così delle immagini pronte per la stampa, formato JPEG, ma non sarà un programma generico a decidere! Sarete voi ad impostare i parametri per l’elaborazione del negativo digitale. Ottenendo delle “belle foto” sempre perfette.
Come funziona una Reflex
Dopo la breve introduzione sul dubbio più grave che può affliggere un possessore di reflex, passiamo a spiegare alcuni semplici concetti che sono alla base del funzionamento della fotocamera reflex, e dimostrano la sostanziale differenza che passa tra una reflex ed una compatta.
Le prime fotocamere per uso di massa avevano il fuoco fisso e l’immagine veniva vista tramite un obiettivo laterale, ovviamente questo faceva si che il fotogramma inquadrato e quello che il fotografo vedeva prima dello scatto non coincidessero esattamente.
Un ulteriore problema era la messa a fuoco e fu risolto con il telemetro, senza entrare troppo nel dettaglio se questo strumento risolveva il problema della messa a fuoco e quindi permetteva di costruire fotocamere con obiettivi più sofisticati, lasciava comunque irrisolto il problema della differenza di prospettiva fra quello che il fotografo vedeva inquadrato nel mirino e quello che effettivamente veniva inquadrato dalla fotocamera.
Reflex con specchio
A risolvere il problema arrivò la fotocamera reflex. Questo tipo di fotocamera, permette al fotografo di guardare direttamente attraverso l’obiettivo della fotocamera vedendo esattamente quello che sarebbe rimasto impresso nella pellicola.
Il meccanismo che permette questa meraviglia è basato su uno specchio che riflette la luce verso un prisma di vetro (pentaprisma) che devia la luce verso un mirino; siccome un’immagine vale mille parole, potete vedere nell’immagine N°1 il percorso della luce attraverso una sezione di una fotocamera, che rende immediatamente chiaro il percorso che compie la luce, attraverso l’obiettivo il mirino e infine all’occhio del fotografo.
Nell’immagine N°2 vediamo la fotocamera al momento dello scatto, lo specchio che prima rifletteva la luce verso il mirino si sposta verso l’alto, permettendo alla luce di giungere fino al sensore; ci sono altri due componenti che non è possibile far vedere in una sezione, entrambi sono importantissimi per il funzionamento di qualsiasi fotocamera, ma in particolare della fotocamera reflex. Ne parleremo brevemente ora e ne riparleremo in maniera più approfondita nel corso dell’articolo.
Il primo elemento che incontra la luce nel suo percorso verso il sensore è il diaframma, il diaframma funziona esattamente come l’iride dell’occhio si chiude e si apre per lasciar passare una minore o maggiore quantità di luce, l’apertura del diaframma influenza anche la profondità di campo dell’immagine ma per il momento ci basti sapere che regola la quantità di luce che arriva al sensore.
Il secondo è la tendina. La tendina è l’elemento posto di fronte alla pellicola o al sensore che regola il tempo di esposizione, ed è proprio quello che il nome suggerisce, una tendina che scorre di fronte al sensore a diverse velocità secondo le impostazioni della macchina.
Reflex senza specchio o Mirrorless
La logica evoluzione di una Reflex; l’elemento che di solito disturba durante lo scatto con una reflex per vibrazione e rumorosità è il meccanismo che sposta lo specchio. Se all’epoca della pellicola questo era un male necessario, con le fotocamere digitali la necessità dello specchio è molto diminuita, la possibilità di avere display piccoli ad alta risoluzione ha permesso lo sviluppo di questo tipo di macchine, in cui l’apparato di movimento dello specchio, il pentaprisma ed il mirino scompaiono rimpiazzati da uno schermo e/o da un mirino EVF (Eletronic View Finder) il tutto a vantaggio della silenziosità di scatto e della riduzione di peso della fotocamera. D’altro canto al momento presentano un prezzo generalmente più alto a parità di prestazioni rispetto a Reflex di fascia equivalente; dalla loro hanno obiettivi intercambiabili come le Reflex di cui sono in effetti una evoluzione, ed una maggiore portabilità.
Gli obiettivi
La possibilità di avere obiettivi intercambiabili è una delle grandi differenze tra le fotocamere reflex e le compatte, visto che nel mondo delle digitali, abbiamo compatte che consentono l’impostazione di moltissimi parametri dello scatto; cosa che fino a qualche anno fa era riservata esclusivamente alle macchine professionali.
Volendo schematizzare molto, possiamo dire che un obiettivo è caratterizzato da due parametri fondamentali:
- la lunghezza focale misurata in mm
- l’ampiezza di visuale o angolo di campo
- l’apertura di diaframma o “f” associata ad un numero, esempio f 2.8 o f 5.6 che rappresenta il rapporto fra la lunghezza focale in mm e l’apertura del diaframma sempre in mm.
La lunghezza focale rappresenta la capacità di un obiettivo di avvicinare i soggetti inquadrati, restringendo l’angolo di campo visibile dall’obiettivo, ad esempio il classico 50 mm offre sulla pellicola un angolo di campo che è grosso modo simile a quello dell’occhio umano (46°) aumentando la lunghezza focale si restringe l’angolo di campo inquadrato, mentre accorciandolo si verifica il fenomeno opposto l’angolo di campo aumenta; ad esempio gli obiettivi fish-eye che hanno lunghezze focali inferiori ai 20 mm e possiedono una angolo di campo di circa 180 gradi, inquadrano praticamente tutto quello che si trova di fronte alla fotocamera.
Obiettivi Grandangolari e Teleobiettivi
Con questa informazione andiamo avanti a spiegare cosa significa la dicitura che accompagna tutti gli obiettivi, ad esempio 70-300, 30-70 etc per gli obiettivi per la pellicola. Ora sono molto diffusi perché venduti spesso in kit con le reflex digitali i 18-55 mm o i 50-200 mm.
Queste misure esprimono sempre la lunghezza focale dell’obiettivo in mm ed hanno due numeri perché rappresentano la lunghezza massima e minima. Questo tipo di obiettivi in grado di variare la lunghezza focale prende il nome di Zoom.
La differenza invece fra Teleobiettivi e Grandangolo? Bene, in realtà dovremmo già sapere qual’è la differenza?
Un Teleobiettivo ha una lunghezza focale maggiore di 50 mm e ha una angolo di campo che da circa 45 gradi arriva a 3°, più diventa lunga la lunghezza focale più l’immagine è ingrandita.
Per lunghezze focali minori di 50 mm l’angolo di campo si allarga, per cui gli obiettivi con focali di 35 mm o meno che hanno angoli di campo maggiori di 45 gradi prendono il nome di obiettivi Grandangolo.
Per capire meglio abbiamo scattato delle foto, ad un albero, con diverse focali:
Diaframma
L’apertura di diaframma offre una misura della quantità di luce che arriva alla pellicola o al sensore della macchina reflex, meccanicamente ha la stessa funzione della pupilla, stringersi ed allargarsi per permettere un maggiore o minore flusso di luce sul sensore sia esso pellicola o CCD/CMOS.
La scala di misure del diaframma è standard, i numeri possono apparire strani,
32 | 22 | 16 | 11 | 8 | 5.6 | 4 | 2.8 | 2 | 1.4 | 1
ma lo standard è stato scelto in modo che passando da 32 a 22 il flusso della luce sia doppio; sì, la scala è inversa, maggiore il numero f minore è il flusso della luce.
Cambiando il diaframma non si regola solo la luce ma anche la “profondità di campo”, ovvero quanto spazio sarà a fuoco prima e dopo il soggetto principale.
Più è grande il numero del diaframma, quindi meno luce passa, e più spazio sarà nell’area di messa a fuoco, rendendo più o meno visibili gli oggetti prima e dopo il soggetto messo a fuoco.
Abbiamo scattato delle foto per fare un esempio:
Come si vede nella foto scattata a f32 si vedono chiaramente gli alberi in fondo al viale, rendendo la foto più “piatta”, mentre la foto scattata a f4,5 ha gli alberi e il viale completamente sfocati.
Anche nelle Macro la regola rimane invariata, come vedete nella foto scattata a f20 si vedono chiaramente gli steli e le foglie intorno alla margherita, mentre diventano completamente sfocati nella foto scattata a f4,5.
Per questo, di solito, si scattano i primi piani con diaframmi molto alti (da un massimo di 1,8 ad un minimo di f5,6) per avere a fuoco solo il volto e completamente sfocato lo sfondo.
Tempi
Il tempo di esposizione, o tempo di scatto o tempo di posa o anche tempo di otturazione e velocità di otturazione è in fotografia, il tempo durante il quale l’otturatore della macchina fotografica rimane aperto per permettere alla luce di raggiungere la pellicola o il sensore (nel caso della macchina digitale).
In combinazione col diaframma, e la sensibilità forma quello che viene detto “il triangolo dell’esposizione”.
L’esposimetro ci fornisce di solito una coppia tempo/diaframma, se ci consiglia 1/125-f8 equivale come esposizione ad 1/250-5.6 o ancora 1/500-4, vale a dire che l’esposizione rimane corretta anche dimezzando i tempi e raddoppiando il diaframma, vale anche il contrario, raddoppiare il tempo ad 1/60 e dimezzare il diaframma a 16.
Lo standard adottato per i tempi di esposizione è il seguente:
1/1000 s | 1/500 s | 1/250 s | 1/125 s | 1/60 s | 1/30 s | 1/15 s | 1/8 s | 1/4 s | 1/2 s | 1 s
Sapere quale è il tempo giusto da usare è importante, per dare o meno alla foto l’idea del movimento o della staticità.
Abbiamo scattato delle foto ad un altalena utilizzando tempi diversi per capire quale tempo utilizzare per far sparire gli oggetti in movimento, o dare dinamicità alla foto, oppure per “congelare l’attimo”.
Inquadratura
Sull’inquadratura e la composizione delle foto sono stati scritti libri interi, ogni fotografo dilettante o professionista vi dirà la sua e vi mostrerà le foto che gli piacciono quelle che non gli piacciono; vi mostrerà orgoglioso i propri scatti e come ha composto l’immagine.
Vi parleremo brevemente di alcuni semplici concetti e vi mostriamo questo video basato sulle immagini di “Steve McCurry” con 9 semplici consigli sulla composizione. L’ideale sarebbe ti prendere in considerazione ognuna delel tecniche provarle, e scegliere quella che più si adatta alla nostra sensibilità di fotografo.
Una delle tecniche fondamentali per la composizione dell’inquadratura è la “Regola dei Terzi”. Si immagina il fotogramma suddiviso in 9 rettangoli che formano una griglia 3X3 e si pone il soggetto o i soggetti principali in corrispondenza dei vertici interni o delle righe che formano la griglia. Nelle foto di panorami sonno usate spesso le righe orizzontali per porvi la linea dell’orizzonte se si vuole dare risalto a qualcosa nel cielo si porrà l’orizzonte sulla linea dei 2/3 quindi in basso nella foto oppure si farà l’opposto per porre in risalto qualcosa che si trova sulla terra.
Profondità di campo
La profondità di campo è la distanza minima e massima in cui l’immagine è a fuoco. Sembra estremamente semplice; la profondità di campo ha un ruolo primario nei ritratti in cui si vuole portare l’attenzione principale sul soggetto e lo sfondo viene usato proprio per concentrare l’attenzione di chi guarda la foto sul soggetto.
Tecnicamente il il discorso sulla profondità di campo è legato all’apertura del diaframma, come accennavamo nel paragrafo relativo; ma l’apertura influenza anche i tempi si esposizione visto che minore è la luce a disposizione per la fotografia maggiore sarà il tempo di esposizione.
In generale possiamo dire che ad una maggiore apertura di diaframma risulterà una minore profondità di campo ed un minore tempo di esposizione.
Quindi per il ritratto del viso si useranno diaframmi molto alti (da f1,8 a f5,6) e si metterà a fuoco sull’occhio del soggetto, così tutte le cose prima e dopo il soggetto risulteranno sfocate.
Al contrario per la foto di una piazza useremo un diaframma molto piccolo (f11 o f22) così di avere a fuoco più spazio della piazza possibile.
Per i panorami si useranno diaframmi medi.
Punto di fuga e la prospettiva
Il punto di fuga in prospettiva è i punto verso cui convergono tutte le linee orizzontali. Ne abbiamo esempi grandissimi nella pittura rinascimentale ed è uno strumento utilissimo per far convergere l’attenzione dell’osservatore verso il soggetto o i soggetti guidando i movimenti dell’occhio attraverso la foto.
Diagonali
Le diagonali hanno una funzione simile a quella delle linee che si generano grazie al punto di fuga, danno movimento ad una immagine e sono usate spesso nelle foto con più soggetti per guidare lo sguardo attraverso la foto.
Esempi di Composizione fotografica
Nove semplici esempi si composizione fotografica con Steve McCurry
I programmi
I programmi di base di una fotocamera comprendono completamente Manuale, priorità di Diaframma, priorità dei Tempi.
A questi tre si aggiungono una serie di modalità diverse da Marchio a Marchio che comprendono di solito dei modi semplificati per scattare ritratti, panorami, soggetti in movimento e permettono al fotografo l’acquisizione di fotografie specialistiche in maniera più semplice potendosi concentrare sulla composizione della foto e trascinando in parte i dettagli tecnici.
Rapporto tempo diaframma
Quando ci si prepara allo scatto l’esposimetro della macchina ci suggerisce una coppia diaframma-tempo di esposizione che non è detto sia quello di cui abbiamo bisogno per l’immagine che abbiamo in mente, o per la natura stessa del soggetto fotografato; possiamo quindi avere bisogno di un diaframma diverso per ridurre o aumentare la profondità di campo o diminuirla, o avere bisogno di un tempo più rapido per congelare un soggetto in movimento.
Le due scale mostrate sotto,
Buio | Scala dei Tempi | 1 | 1/2 | 1/4 | 1/8 | 1/15 | 1/30 | 1/60 | 1/125 | 1/250 | 1/500 | 1/1000 | Luce |
Scala dei Diaframmi f | 1 | 1.4 | 2 | 2.8 | 4 | 5.6 | 8 | 11 | 16 | 22 | 32 |
sono impostate in modo che se si richiedono due step in più di diaframma si deve diminuire di due step il tempo di esposizione. Quindi per esempio se l’esposimetro propone f/11 e 1/500 di esposizione passando a f/32 si deve abbassare il tempo ad 1/125 di secondo in gergo si dice che si aumenta il diaframma di due STOP e si compensa l’esposizione diminuendo il tempo di esposizione di due STOP.
Nel caso delle fotocamere digitali se si puo sacrificare in parte la definizione dell’immagine si può variare l’ISO del sensore e aumentare il diaframma lasciando fermo il tempo di esposizione, come spiegheremo nei prossimi paragrafi.
Scattare con priorità di tempi
Tutte le macchine Reflex hanno questa modalità sulle Canon è indicata con la dicitura “Tv” sulle Nikon “S” in questa modalità la fotocamera rimane inpostata su un tempo di scatto fisso e ricerca in automatico le impostazioni di diaframma e ISO corrette per esporre la foto.
Ha senso usarla quando si vuole comporre la foto ma si hanno delle restrizioni sul tempo di esposizione, soggetti in movimento ad esempio:
- durante eventi sportivi oppure situazioni in cui vogliamo che il tempo si esposizione sia comunque molto breve.
- situazioni in cui vogliamo evitare foto mosse ma le condizioni di luce ci obbligano ad usare tempi di esposizione molto bassi per evitare foto mosse.
Scattare con priorità di diaframma
Il modo a priorità di apertura o priorità di diaframma viene indicato nelle macchine Canon con “Av” in quelle Nikon con “A”. In questo caso l’esposizione della foto è gestita dall’apertura del diaframma e la macchina ad ogni modifica del diaframma modifica in automatico Tempo di esposizione e ISO del sensore. È molto utile quando vogliamo avere pieno controllo sulla profondità di campo dell’immagine ed è anche il più usato, visto che una componentne fondamentale della composizione delle foto è proprio la gestione della profondità di campo.
Scatto manuale
È il modo che usano i fotografi con la F maiuscola, in questa modalità bisogna regolare tutti i parametri della macchina, Tempo, Diaframma e ISO. È il modo più difficile da usare e presuppone una conoscenza perfetta dello strumento, la macchina fotografica, e del risultato finale che si vuole ottenere, senz’altro se si riesce a scattare ogni foto in Manuale ed ottenere delle foto esattamente come le avevamo immaginate significa che al livello tecnico siamo diventati dei fotografi.
L’obiettivo finale di ogni fotografo rimane comunque non tanto quello di poter dire: “So usare la mia macchina completamente in manuale”, che comunque è senz’altro uno degli obiettivi, ma quello di essere in grado di giudicare quale modo di utilizzo sia più adatto al tipo di foto che si vuole ottenere date le condizioni di luce e movimento del soggetto.